IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 356/1999
proposto  dalla  Societa'  del  Canale  Rauda  e  da  Enzo  Dallatana
rappresentati   e   difesi   dagli  avv.  G.  Isi  e  F.  Soncini  ed
elettivamente  domiciliati  presso  l'avv. R. Miniero in Bologna, via
Mazzini n. 2/3;
    Contro: Regione Emilia-Romagna, rappresentata e difesa dagli avv.
S.  Baccolini  e  F.  Rizzo  ed  elettivamente domiciliata presso gli
stessi in Bologna, via San Gervasio n. 10;
    Per l'annullamento:
        della  deliberazione  della  giunta  regionale  della Regione
Emilia-Romagna   n. 1831/1998   di  proposta  di  soppressione  della
societa' ricorrente;
        della  deliberazione  del  consiglio  regionale della Regione
Emilia-Romagna  n. 1025/1998  di approvazione della suddetta proposta
di soppressione della societa' ricorrente;
        del  provvedimento  n. 104  del  5  gennaio  1999  con cui il
presidente  del consorzio per la bonifica parmense ha comunicato alla
ricorrente, in relazione alla disposta soppressione, le modalita' per
il  subentro  del  consorzio  stesso nei compiti, funzioni e rapporti
della societa' ricorrente.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione intimata;
    Visti gli atti e i documenti tutti della causa;
    Designato relatore il cons. Bruno Lelli;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  6  febbraio 2003 gli avv. F.
Soncini e S. Baccolini;
    Considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Con  ordinanza  n. 10/2000  questo  tribunale  amministrativo  ha
dichiarato  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art.  4  della  legge  regionale
n. 16/1987  della  Regione  Emilia-Romagna in relazione agli articoli
117, 2, 18, 42 e 43 della Costituzione.
    La  Corte  costituzionale  con propria ordinanza n. 13/2000, dopo
aver   considerato   che   la   suddetta  questione  di  legittimita'
costituzionale  e'  prospettata anzitutto in relazione al superamento
del  limite dei principi fondamentali che emergono dalla legislazione
statale  nella  materia  della  bonifica  e che vincolano la potesta'
regionale,   invocandosi   come   parametro   l'articolo   117  della
Costituzione; e che, successivamente all'emanazione dell'ordinanza di
rimessione  e'  stata  promulgata  ed  e'  entrata in vigore la legge
costituzionale  18  ottobre  2001,  n. 3 (modifiche al titolo V della
parte  seconda  della  Costituzione) il cui e' l'art. 3 ha sostituito
l'intero  testo  dell'art.  117 della Costituzione, in considerazione
del  mutamento  della norma costituzionale invocata come parametro di
giudizio,   ha   disposto  la  restituzione  degli  atti  al  giudice
remittente per nuovo esame dei termini della questione.
    Cio'  posto,  si deve premettere che, in applicazione dell'art. 4
della legge regionale n. 16/1987 il consiglio regionale della Regione
Emilia-Romagna,  su  proposta  della giunta, ha soppresso la societa'
ricorrente  con  effetto dal 1° gennaio 1999, stabilendo altresi' che
il  Consorzio  della bonifica parmense le subentri nell'esercizio dei
compiti e delle funzioni.
    La  societa'  ricorrente  ha impugnato di fronte a questo giudice
amministrativo  i  suddetti  atti  di  soppressione  e  nel corso del
conseguente  giudizio  questo  tribunale  ha  sollevato  questione di
legittimita' costituzionale della norma, art. 4 della legge regionale
n. 16/1987,   in  base  alla  quale  sono  stati  adottati  gli  atti
impugnati.
    Nello  specifico  la  ricorrente impugna la delibera della giunta
regionale  della  Regione  Emilia-Romagna n. 1831/1998 di proposta di
soppressione   della   societa'   ricorrente;  la  deliberazione  del
consiglio  regionale  della  Regione  Emilia-Romagna  n. 1025/1998 di
approvazione  della  suddetta proposta di soppressione della societa'
ricorrente;  il  provvedimento  n. 104  del 5 gennaio 1999 con cui il
presidente  del consorzio per la bonifica parmense ha comunicato alla
ricorrente, in relazione alla disposta soppressione, le modalita' per
il  subentro  del  consorzio  stesso nei compiti, funzioni e rapporti
della societa' ricorrente.
    Questi i motivi dell'impugnazione:
    1. - Erronea applicazione dell'art. 4 legge regionale n. 16/1987;
Eccesso  di  potere  per  falso  supposto  di  fatto  ed  illogicita'
manifesta.  La  soppressione di cui alla norma regionale non puo' che
riguardare i consorzi irrigui di diritto amministrativo riconducibili
al  regio  decreto  13  febbraio 1933 n. 215; il consorzio ricorrente
invece  non  ha  veste  pubblicistica  ne' e' un consorzio irriguo di
natura amministrativa.
    2.  -  Invalidita'  derivata dall'incostituzionalita' dell'art. 4
legge  regionale  23  aprile 1987 n. 16 per violazione degli artt. 2,
18, 42, 117 e 118 Costituzione.
    Le  regioni,  difettandone  i poteri, non possono sopprimere enti
privati, espropriando fra l'altro senza indennizzo i loro beni.
    Nell'udienza  del  6 febbraio 2003 la causa e' stata discussa con
la presenza della ricorrente e della Regione Emilia-Romagna.
    Riassunto  il  processo, le parti hanno affrontato in questa fase
li questione alla stregua del nuovo testo costituzionale.
    Secondo  le  parti  ricorrenti  i  profili di incostituzionalita'
permangono:  a) per i limiti che legislazione regionale incontrerebbe
nella  materia di legislazione concorrente del governo del territorio
(alla   quale   andrebbe  ricondotta  la  disciplina  della  bonifica
integrale); b) per l'invasione di aree appartenenti alla legislazione
esclusiva  dello  Stato  della materia «ordinamento civile e penale»,
cui  darebbe  luogo la previsione della soppressione di enti privati;
c)  con  riguardo al nuovo testo dell'art. 118, quarto comma, secondo
il  quale le regioni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini,
singoli  o  associati,  per  lo svolgimento di attivita' di interesse
generale sulla base del principio di solidarieta'.
    Secondo  la  regione:  a)  la  materia  della  bonifica integrale
rientrerebbe  invece  in  quella  dell'«agricoltura  e  foreste»,  ex
art. 66  d.P.R.  n. 616/1977,  in  ordine  alla  quale le regioni non
incontrerebbero vincoli, non essendo piu' ricompresa tale materia fra
quelle  fra  quelle  di  competenza concorrente; b) non sussisterebbe
interferenza nella materia dell'ordinamento civile posto che la norma
in  questione  ha  introdotto  una  disciplina pubblicistica con mere
interferenze    nei   rapporti   privatistici   ma   senza   ricadute
sull'ordinamento  generale;  c)  non  sussisterebbe  l'interesse  dei
ricorrenti  ad  ottenere  una  pronunzia  di incostituzionalita' che,
comunque,  in  denegata ipotesi, non potrebbe che essere limitata nel
tempo e dunque non precluderebbe l'adozione di un nuovo provvedimento
di soppressione.
    Nell'udienza  del  6 febbraio 2003 la causa e' stata discussa con
la presenza della ricorrente e della Regione Emilia-Romagna.

                            D i r i t t o

    1. -  Come  si  e'  esposto in fatto, la causa torna in decisione
dopo   che  la  Corte  costituzionale  con  ordinanza  n. 13/2002  ha
restituito   gli   atti   al  giudice  remittente  in  considerazione
dell'entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre
2001,  il cui art. 3 ha sostituito l'intero testo dell'art. 117 della
Costituzione.
    Alla  stregua  del  principio di autonomia di ciascun giudizio di
costituzionalita'  in  via  incidentale  si  procede  a rivalutare la
questione nella sua interezza.
    2. - In   applicazione  dell'art. 4  della  legge  n. 16/1987  il
consiglio  regionale, su conforme proposta della giunta, ha soppresso
la  societa'  ricorrente  assumendo, a fondamento della decisione, le
seguenti  circostanze:  la  societa' risulta strutturata come ente ad
autonomia  piena  con  compiti  irrigui,  in analogia con l'attivita'
svolta  di  norma dai consorzi di bonifica; le suddette funzioni sono
oggi  di  competenza dei consorzi di bonifica, essendo intervenuta la
classificazione  di  bonifica  dell'intero territorio in cui opera il
citato  consorzio; la societa' opera in base all'atto costitutivo dal
quale  si  evince  che  l'ente  si  configura di fatto come consorzio
irriguo.
    3. - La  sezione  non  ha  condiviso la prospettazione principale
della societa' ricorrente, in forza della quale la stessa, non avendo
veste  pubblicistica ne' potendo configurarsi quale consorzio irriguo
di  natura  amministrativa,  sarebbe  stata erroneamente assoggettata
alla  previsione  di  soppressione  contenuta  all'art. 4 della legge
regionale n. 16/1987 (sentenza n. 620/2000).
    Con  tale  legge  la  regione  infatti,  al  dichiarato  fine «di
conseguire  il  necessario  coordinamento degli interventi pubblici e
privati»,  ha  ritenuto  di  sottoporre a regime di bonifica l'intero
territorio  regionale (art. 3, primo comma, gia' ritenuto dalla Corte
costituzionale  conforme  agli  artt. 117, 97 e 18 della Costituzione
con  la  sentenza  n. 66/1992);  ha  previsto  l'istituzione per ogni
ambito,  di  un  solo  consorzio di bonifica destinato a succedere in
tutti  i diritti e gli obblighi ai preesistenti consorzi ricadenti in
tutto  o in parte nel comprensorio (art. 3 quarto comma); nell'ambito
di tale riorganizzazione, ha ritenuto necessario (art. 4) sopprimere,
per  farle  confluire nei nuovi consorzi, tutte le preesistenti forme
di  gestione  («sono  soppressi  i  consorzi idraulici, di difesa, di
scolo  e  di  irrigazione  nonche'  ogni  altra forma di gestione non
consortile  di  opere o sistemi di scolo ed irrigui, che ricadono nei
comprensori  delimitati  ai  sensi  del  secondo comma del precedente
art. 3»).
    E'  evidente  pertanto  la  volonta' del legislatore regionale di
ricomprendere in tale previsione tutte le gestioni riconducibili alle
funzioni  indicate, ancorche' di natura privata ed ancorche' titolari
di concessioni statale di grande derivazione.
    Poiche'  la  norma rappresenta il presupposto esclusivo e diretto
dell'impugnato    provvedimento    di    soppressione,   un'eventuale
dichiarazione  di fondatezza della sollevata questione implicherebbe,
per  cio'  solo,  l'accoglimento  dei  ricorsi  proposti:  di  qui la
rilevanza della questione.
    4. - La sezione ritiene la questione non manifestamente infondata
per le considerazioni di cui appresso.
    Non  e'  contestata  la  natura  privatistica  della  ricorrente:
costituita   in   epoca   remota,   non   e'  mai  stata  oggetto  di
riconoscimento pubblico, ne' con le modalita' previste per le persone
giuridiche  private  dal codice civile vigente, ne' con quelle di cui
agli artt. 862 e 863 del codice civile che disciplinano i consorzi di
bonifica  e  quelli di miglioramento fondiario; non e' previsto alcun
intervento  pubblico  nelle  varie  fasi attinenti alla costituzione,
alla nomina degli organi, al funzionamento, ed il finanziamento della
societa' stessa e' interamente privato.
    La  stessa giunta regionale nel provvedimento impugnato riconosce
che  la  sopprimenda  societa' non ha natura di consorzio di bonifica
(le  deliberazioni  impugnate  parlano  di enti che si configurano di
fatto  come  consorzi  irrigui; d'altra parte se la ricorrente avesse
potuto  essere  configurata  quale consorzio di bonifica l'estinzione
sarebbe stata disposta in applicazione dell'art. 3 quarto comma della
legge n. 16/1987).
    Infine  il  fatto  che, come sottolinea la regione, sia in dubbio
anche  la  qualificazione  della  societa' ricorrente quale consorzio
volontario  ai  sensi  dell'art. 918  del  codice  civile,  non porta
argomenti a favore della tesi secondo la quale la societa' ricorrente
potrebbe  essere  assimilata  ad un organismo di diritto pubblico, ma
conferma  solo  la  difficolta'  di classificarla in una delle figure
tipiche  disciplinate  dal codice civile, e la conseguente necessita'
di inquadrare la stessa fra le associazioni non riconosciute.
    5. - Il  sospetto  di  incostituzionalita'  del suddetto articolo
nasce  in  relazione, in primo luogo, all'art. 117 della Costituzione
nel testo in vigore al momento dell'adozione degli atti impugnati.
    5.a)  - Poiche' la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, che
ha  sostituito  l'intero  testo  dell'art. 117 della Costituzione, e'
entrata  in vigore dopo l'adozione dei provvedimenti impugnati e dopo
la   proposizione  dei  ricorsi,  si  ritiene  che  il  parametro  di
riferimento  fini della valutazione della legittimita' costituzionale
resti il riparto di competenze fissato dal testo originario.
    Da   un   lato  infatti  il  giudizio  instaurato  e'  di  natura
impugnatoria   e   tende   all'annullamento   di   un   provvedimento
autoritativo  la  cui  legittimita'  va  valutata  alla  stregua  del
principio  tempus  regit  actum; dall'altro l'interesse al ricorso va
valutato   con   riferimento  esclusivo  all'eliminazione  di  «quel»
provvedimento  ed  al  ripristino  della situazione giuridica ad esso
precedente, ed in tali termini tuttora persiste.
    Secondo   il  testo  dell'art. 117  Cost.  anteriore  alla  legge
costituzionale   18   ottobre  2001  n. 3,  la  potesta'  legislativa
regionale nella materia della bonifica, di natura concorrente, andava
esercitata  nei  limiti  derivanti  dai  principi  fondamentali della
legislazione  statale  nella materia stessa, descritti con precisione
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 326/1998.
    Per  la  parte  che qui interessa tale decisione, con la quale e'
stata  dichiarata  l'incostituzionalita'  parziale di una legge della
Regione  Marche  in materia di bonifica, riconosce carattere di norme
di principio a quelle che disciplinano nei lineamenti fondamentali la
struttura  e l'organizzazione dei consorzi di bonifica configurandoli
come  espressione,  sia  pure  legislativamente  disciplinata  e resa
obbligatoria,  degli  interessi  dei  proprietari dei fondi coinvolti
nell'attivita' di bonifica.
    Riconosce  anche  che  la potesta' regionale di programmazione ed
organizzazione  della bonifica si estende al riassetto delle funzioni
degli  enti  pubblici  che  operano nel settore e, quindi, anche alle
funzioni  pubblicistiche dei consorzi, con conseguente potere in capo
alla  regione  di  trasferire  i compiti propri dei consorzi anche ad
altri  enti pubblici, in relazione alla connessione delle funzioni di
bonifica con altre attinenti alla difesa del suolo, alla tutela delle
risorse  idriche  e  dell'ambiente.  Non si puo' spingere pero', alla
stregua  delle  stesse  norme  di  principio,  all'eliminazione della
figura  giuridica  del  consorzio di bonifica, stante la combinazione
che  in  esso  peculiarmente  si  realizza fra pubblico e privato per
effetto della legislazione nazionale.
    In  relazione  a tali principi e con riferimento alla fattispecie
all'esame,  si  dubita  che  la  regione,  oltre  a  riorganizzare le
funzioni  di  bonifica  e,  con esse, quelle dei consorzi di bonifica
(cosi'  come  ha  fatto  la Regione Emilia-Romagna con l'art. 3 della
legge  regionale  n. 16/1987),  possa  sopprimere  ogni  organismo di
gestione  a questi non riconducibile ed in particolare associazioni o
soggetti di carattere privato.
    Tenuto  conto della natura concorrente della potesta' legislativa
regionale  non  e' manifestamente infondato ipotizzare che in materia
di bonifica la facolta' di incidere obbligatoriamente sugli interessi
privati  debba  seguire  il procedimento previsto per la costituzione
dei  consorzi  di bonifica che, nella legislazione statale e, quindi,
in  quella  regionale,  contempla, sia pure eccezionalmente ed in via
residuale, anche la costituzione d'ufficio, vale a dire ad iniziativa
pubblica del consorzio fra i proprietari interessati.
    Al  di  fuori  di  tale  previsione  solo  il legislatore statale
potrebbe  enunciare il principio secondo cui l'attivita' di bonifica,
anche   per   gli   aspetti   gestionali,   deve   essere   riservata
esclusivamente  ai  consorzi  di  bonifica,  e  quindi  prevedere  la
soppressione di ogni diversa gestione.
    5.b)  Da  un  altro  punto  di  vista la violazione dell'art. 117
Costituzione   puo'   essere  ipotizzata  anche  con  riferimento  al
cosiddetto  limite  del  diritto privato. Per costante giurisprudenza
della  Corte  costituzionale,  tale  limite e' fondato sull'esigenza,
connessa  al  principio  costituzionale  di eguaglianza, di garantire
l'uniformita'  nel  territorio nazionale delle regole fondamentali di
diritto che disciplinano i rapporti fra privati (nn. 462 del 1995; 35
del  1992; 391 del 1989; 154 del 1972, n. 82 del 1998) e che comporta
l'inderogabilita',  da  parte  del legislatore regionale, delle norme
dettate  dal  codice  civile  per regolare l'esercizio dell'autonomia
negoziale  privata, sia che si tratti di norme imperative, sia che si
tratti  di  norme  destinate  a  regolare direttamente i rapporti tra
soggetti  in assenza di diversa volonta' negoziale delle parti. Nella
specie,  la  norma impugnata appare precisamente diretta a sopprimere
un  soggetto  di diritto privato, qualificabile come associazione non
riconosciuta,  in  contrasto  con  il  suo  statuto  ed in violazione
dell'autonomia  negoziale  riconsciuta  dagli  artt. 36  e ss. codice
civile.
    6. - Il   sospetto   di   incostituzionalita'  sorge  infine  con
riferimento  agli  artt. 2  e  18  (in relazione alla soppressione di
associazioni   liberamente   costituite),   41   (in  relazione  alla
compressione  della liberta' di iniziativa economica privata) ed agli
artt. 42  e 43 della Costituzione (attesa la mancata previsione di un
indennizzo  a  fronte  della devoluzione del patrimonio degli enti da
sopprimere   ai   consorzi   di   bonifica   istituiti  per  l'ambito
territoriale di riferimento).